zattere per le mamme

...le forze cominciavano a venirmi meno, quando all'improvviso intravidi tra i flutti una zattera ed una mano allungata verso di me...con gli occhi brucianti di salsedine e la bocca piena di acqua riuscii a dire solo uno stentato 'grazie'...

martedì 27 novembre 2007

Empatie

Caro Alessandro,

avevo tanta fretta di risponderti e non volevo farlo brevemente tra i commenti.
No.
La vostra insicurezza e la vostra ansia sono le benvenute.
Non troverete risposte ma solo esperienza. Nessun luminare o professore dalla parcella platinum a spupazzare e a maneggiare gli arti della vostra piccolina. Nessun ennesimo prelievo di sangue per verificare TAS oVES. Nessuna ricetta prescritta per tachipirine o lonarid da infilare al culo di quelli che ti guatrdano con la solita espressione:"ecco i soliti genitori esagerati".

I miei amici di tasto che conoscono bene il motivo per cui è nato questo blog possono testimoniare che mi ci sono dannata un sacco dietro ai dolori alle gambe della mia bambina. Ho minacciato me stessa di chiudere il blog quando fossero finalmente finiti, come una sorta di fioretto di ringraziamento.

Ma niente paura.
Stò blog non lo chiudo.

Perchè no, non passano. Purtroppo no. Mia figlia ogni due settimane circa, vive circa 5/6 giornate intere (intese di 24 ore) in cui soffre, suda (che strana cosa!) dalle ginocchia ai piedi, è nervosissima, piagnucola, poi mi chiede scusa,
dorme pochissimo, si dondola e non stà ferma in maniera quasi innaturale e mi chiede (ormai è in grado di farlo) di metterle la suppostina o di massaggiarle gli stinchi.
Quando passa, rifiorisce, è più lunga di mezzo centimetro, canta e dorme che è una bellezza, con la bocca aperta a cuoricino, gli occhi a mezzaluna e i capelli incollati a ciocchette sulle guance.

Come trovare soltanto le parole per rassicurarvi? Vi posso dire semplicemente che potrebbe non passare così nell'immediato; i dolori di crescita di solito possono ripresentarsi anche dopo pause di due anni fino ai dieci anni di età ed oltre se si fanno sport che affaticano i legamenti o le articolazioni . Ma sapendolo non vi dannerete più l'anima. Anzi troverete un modo buffo per comunicarvelo in maniera dolce o rassicurarla nei momenti di dolore con strane filastrocche come ho fatto io. Sono sicura che vostra figlia sia una bambina speciale perchè è innegabile che l'esperienza del dolore, imparato a conviverci, apra diversi orizzonti a diverse sensibilità.

Caro ALE, fammi sapere e lasciati abbracciare dalla consapevolezza che esiste qualcuno con cui condividere. Noi, per esempio.
Con tanto affetto.

Gra

venerdì 23 novembre 2007

Oddìo il pidocchio!


Non so…vedere l'orrendo pidocchio ingigantito sul blog di Annachiara m’ha dato uno scossone…m’ha riportato alla realtà, con i piedi per terra. Perchè qui non ci si può fermare a fare troppo romanticismo sennò, come minimo, ti ritrovi con la capoccia piena di parassiti!
Perché le vostre – tutte nessuna esclusa! – dolci carezzine fatta all’anima mia, grazie ai commenti che mi avete lasciato, hanno addolcito la mia animosità rinseccolita e malinconica verso il destino e siccome io vi ringrazio tanto e vi voglio tanto bene…ecco…ve lo dovevo da dì…ecchecacchio ecche! E me so rotta li cojoni de stà zitta e così mò aricomincio a scrive di quello che succede, de quello che me rode, de quello che fa quella puzzona della figlia mia, ormai con Q.I. pari a quello mio, di Stefano, di mia mamma, di mio padre, degli zii, dei vicini…etc etc messi insieme.

Ah! Volevo solo dirvi che ho stampato i vostri commenti e li tengo nell'agenda mia...e se non ci credete non fate altro che organizzare una bella pizza a Roma e vi porto le prove...e che cavolo i raduni bolognesi ce stanno a dà 'na pista eh!

venerdì 9 novembre 2007

CASA MIA...


L’ho letto da qualche parte. Non ricordo dove. Ed ogni volta che vedo una persona con gli occhi colmi di lacrime mi viene in mente.
“Perché una lacrima è una fatto intellettuale” Che, vi giuro sull’anima mia, non riesco a capire cosa voglia dire. Non ci arrivo. Eppure mi piace. Giustifica il valore intrinseco di questa goccia d’acqua salata definita lacrima, piccola ed unica concentrazione ed essudato del nostro particolare essere umano. Perché a volte dimentico che anche una lacrima si può imbastardire. Basta guardarsi attorno. Quante situazioni tristi a meno di un metro accanto a noi che ci induriscono e ci raggelano perché non ci interessano direttamente. Quante situazioni fatalmente tristi propinateci all’ora di cena in trasmissioni che volutamente si nutrono delle nostre lacrimuccie vampirescamente estorte a tradimento.
Ultimamente, per fatti vari ed eventuali, ho pianto parecchio. Nulla di drammatico. Ma quanto basta per sembrare Bette Davis in “Che fine ha fatto Baby Jane?” dopo la mia lunghissima sessione di make up artist per cercare di camuffare le mie super borse grigie.
Tutta colpa di casa mia. O quella che era casa mia. Ma per rispetto a quei due,tre che magari mi staranno prestando nuovamente una affettuosa attenzione devo andare per ordine.

Ho vissuto a casa mia dai miei 4 anni fino a 4 giorni prima di dare alla luce mia figlia. Io neonata nata ai bordi di periferia, per botta di chiulo già scritta dal Destino, venivo scaraventata insieme ai miei adorati genitori del profondo sud, in un bellissimo attico quartiere Farnesina che negli anni ’70 non era che un quartiere signorile come un altro. Quante volte ho pensato “Chissà se fossi rimasta a Casal Bertone…”
Per cui sono vissuta attraverso una infanzia serena, una adolescenza impacciata ma molto uptown girl (e immaginate una napoletana con reminiscenze borgatare nel parterre bon ton del mio liceo sulla Cassia),una vita universitaria molto travagliata ( i lavoretti per la pecunia, la separazione dei miei,la fine della spensieratezza ma soprattutto la fine degli esami che non arriva mai) e poi la vita con mia madre; io e lei da sole. Tutte e due impegnate a lavorare; unite più che mai. Al punto di trascorrere dopo soli 6 mesi di matrimonio, la mia gravidanza a rischio a casa mia. A casa con lei.

Oggi sono stata costretta a vendere casa mia. Con mia mamma dentro. Nel senso che dopo 40 anni di affitto due anni fa ci hanno costrette a comprarlo l’attico. Come mia prima casa ho acceso un mutuo che ha pagato sempre mia madre per i motivi che hanno riempito i miei post più tristi ed incazzati. Mutuo a tasso variabile.E con questo ho detto tutto. Non ce l’abbiamo fatta. Ci siamo arrese. Ma ringrazio Dio per la mia buona sorte. Perché vendendo casa mia compro una casina piccolina a mia madre e le tolgo stò carico sulle spalle che l’ha fatta invecchiare di 10 anni in due anni soltanto.
Aridaje che culo, eh?

Ora il problema è che non riesco a smettere di piangere. Perché penso a casa mia. A tutto quello che ho vissuto lì dentro. A tutti quei giorni che hanno composto 36 anni della vita mia; a Micol che per adesso gioca con mia madre sul terrazzo assolato e mi fa rivivere come in un vecchio film pezzi di vita.
Ma mia mamma, che è donna di rara saggezza, mi ha ricordato che a casa mia c’è stata anche tanto dolore e tanta tristezza. Per cui lei è pronta a chiudere definitivamente questa porta.

Io piango e mi vergogno tanto. Perché la vera sessantenne tra me e lei sono io. Mannaggiammè...

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